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Se è vero che negli esseri umani esiste un’aggressività innata, determinata dalla loro appartenenza al mondo animale e definita dagli specialisti “tensione competitiva”, servita all’uomo per procurarsi il cibo, perpetuare la specie e preservare il territorio, è altrettanto vero che il progresso sociale ha prodotto inibizioni sul comportamento umano al fine di arginarla. Si può affermare che il progresso della società umana coincida con la creazione di norme -scritte e non scritte- volte a fermare la mano dell’uomo contro l’uomo. Il tragediografo greco Eschilo (V sec. a.C.), nelle Eumenidi, narra che Atena avesse istituito i tribunali, affinché non vi fossero più “coti insanguinate che affilassero armi e cuori giovani e contese e rovine furenti”. Fu così, secondo il mito, che nacque la civiltà del diritto, in sostituzione di quella della vendetta privata e della legge del taglione. Sono trascorsi 26 secoli da Eschilo. L’uomo ha compiuto balzi di progresso inimmaginabili, ma non è riuscito a fermare la follia della violenza e della sopraffazione. Al contrario, ne ha sviluppato di più raffinate, non esclusivamente fisiche, ma anche psicologiche: il bullismo e il cyberbullismo, figli del nostro tempo. Eccoci quindi, dolorosamente, al 7 febbraio 2024: Giornata internazionale contro Bullismo e Cyberbullismo, che ha visto la nostra scuola impegnata nelle attività organizzate dal Comune di Capoterra, presso il locale Palazzetto dello Sport. Molti i volti delle istituzioni che sono intervenuti: dal Primo cittadino, Beniamino Garau, all’assessore all’Istruzione e alla cultura locali, Donatella Dessì, al Comandante dei Carabinieri, Luogotenente Leonardo del Gaudio, nonché a uno dei maggiori esperti del fenomeno, dott. Salvatore Bandinu. Difficile enumerare una per una tutte le autorità che hanno presenziato all’evento. Per renderci conto della gravità di queste piaghe sociali, diamo uno sguardo agli ultimi dati: “il bullismo o il bullismo scolastico e il cyberbullismo sono le cause dirette di oltre 200.000 morti, per omicidio o per induzione al suicidio ogni anno” testimonia il dott. Javier Miglino dell’ONG International Bullying sin fronteras. L’Italia si attesta al XVIII posto nella classifica globale costituita da 30 Paesi: in Europa dopo Spagna (con 250 mila casi), Germania (48.200 casi), Regno Unito (46.500), Paesi Bassi (40.200), Francia (38.500), Belgio (36.100), Svezia (35.500), Norvegia (34.100), Danimarca (33.500). E se c’è chi, nel Vecchio Continente, fa più il bullo reale e virtuale di noi, in Italia sono in aumento i casi sistematici: dal 2,9% del 2021/22 si è balzati al 5,4% del 2022/23. Secondo ISS e il Moige, circa il 15% dei ragazzi, con una percentuale del 20% nei bambini di 11 anni (1 su 5), che scende al 10% nei ragazzi più grandi, è vittima di bullismo e cyberbullismo. Nella generazione iperconnessa, il 22% degli adolescenti rimane collegato per oltre 5 ore al giorno. Cresce altresì la percentuale di minorenni che naviga in rete senza la supervisione adulta (63% nel 2022 contro il 59% del 2021). Il bullismo, in tutte le sue forme, può portare solitudine, rabbia, paura, ma può avere serie conseguenze anche sulla salute mentale di chi ne è vittima. “Boati di solitudine, che -sostiene Bandinu- è meglio prevenire piuttosto che combattere”.

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